Francesco Rondolini

Francesco Rondolini

Ferragosto non è ok.

Ferragosto Ok è il titolo di un film diretto da Sergio Martino, che celebra lo spirito estivo tipico degli anni ’80. Quei ruggenti anni hanno lasciato un segno indelebile, ma oggi molte cose sono cambiate. Senza addentrarci in una profonda analisi socio-economica sui mutamenti avvenuti nel tempo, si tratta semplicemente di osservare e riflettere su ciò che ci circonda.

Ferragosto non è mai stato un giorno che mi entusiasma. Lo percepisco come una data in cui sembra obbligatorio fare qualcosa a tutti i costi, quasi fosse una competizione. Ricordo un 15 agosto di qualche anno fa, quando ero già in vacanza al mare da giorni, perfettamente adattato alla routine rilassante del luogo. Quella giornata, però, la vivevo in disparte, osservando da lontano le folle di giovani e meno giovani intenti a lanciarsi gavettoni, bere senza freni dall’alba al tramonto e partecipare a una serie infinita di giochi organizzati dall’animazione locale. Alla fine, il giorno scivolava via, la sera riportava un po’ di normalità e il giorno successivo tutto tornava come prima: stessi ritmi, stessa spiaggia, stessi volti.

Passare il Ferragosto “a casa” non significa starsene comodamente nel proprio salotto a rilassarsi, ma implica quasi sempre una gita fuori porta, una sorta di rito collettivo al quale sembra impossibile sottrarsi. Nel nome della tradizione, anche io mi sono ritrovato a partecipare a queste scampagnate ferragostane, più per evitare di essere etichettato come egoista o pigro che per reale entusiasmo. E devo ammettere che l’uscita del 15 agosto è, a mio avviso, una delle esperienze meno piacevoli.

Traffico interminabile in auto, code infinite al ristorante, al bar, per un posto decente per il pic-nic, per accaparrarsi un barbecue, per entrare in piscina o anche solo per un semplice gelato. Il tutto condito dalla presenza di un’umanità variopinta e pittoresca che, diciamocelo, non sempre è uno spettacolo edificante.

Uomini che sfoggiano con orgoglio il loro girovita abbondante, donne sfatte che richiamano i figli o, peggio, i mariti, i quali si aggirano spaesati con il borsello a tracolla. E poi ci sono i “diversamente giovani”, ancora intenti a brindare con vino in tetrapak e birra in lattina, ignari che il prepensionamento è ormai dietro l’angolo. A completare il quadro, i classici balli di gruppo sulle solite hit estive, quelle che hanno accompagnato fin troppe stagioni.

Francamente, preferirei risparmiarmi questo spettacolo dalle sfumature trash, ma sembra che Ferragosto non conceda alternative.

Poi c’è il ferragosto da universitario passato in casa: è il punto massimo della tristezza e della solitudine studentesca. Tutti gli studenti, ma soprattutto le studentesse fuori sede sono rientrate nella loro terra natia per passare l’estate in famiglia e con gli amici. La città è deserta, spettrale. I pochi locali notturni sono semivuoti e frequentati da strani avventori colti da una spasmodica caccia alla studentessa straniera rimasta eroicamente nell’acropoli. Non riesco a trovare pace. Sfoglio l’agenda in cerca di qualche amica rimasta miracolosamente in città. Nulla. Chiamo il mio amico Absolut, l’ultimo last night hero perugino, l’ultimo poeta guerriero delle notti centraiole. Ci vediamo al solito posto. In fondo gli amici servono anche a questo. Bancone, birre, whisky, chiacchiere, risate per lasciarsi alle spalle questo temporaneo vuoto femminile. Domani è un altro giorno, uno in meno al rientro delle legioni studentesche nell’acropoli.

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